Millanta un titolo non spettante: sanzione disciplinare per l’abogado
L’indicazione del titolo professionale di abogado tramite l’abbreviazione “av.” dimostra un intento volutamente confusorio soprattutto se utilizzata nei confronti di chi non sia in possesso degli strumenti idonei a «decriptare il messaggio e la rilevante differenza fatta da una semplice v».
Confermata la sanzione. Il CNF, con la sentenza n. 104/18, conferma dunque la sanzione disciplinare inflitta a due avvocati dal COA di Brescia per aver prestato la propria attività professionale per mezzo di una società di capitali, nonché per aver sistematicamente utilizzato il titolo di “av.” in violazione dell’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 96/2001, a norma del quale l'avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo d’origine indicato per intero, in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato.
Indicazione del titolo. Con la decisione sull’impugnazione proposta dai due avvocati, il CNF condivide pienamente l’accertamento dei fatti denunciati che trovano piena conferma delle risultanze del procedimento. Le motivazioni offerte del COA si sottraggono ad ogni censura circa i presupposti e l’entità della sanzione disciplinare inflitta per l’aver accettato il mandato con l’intermediazione di una società di capitali in violazione dell’art. 19 del codice deontologico forense e per aver rifiutato di consegnare all’assistito i documenti relativi alla sua pratica.
Quanto all’indebita utilizzazione del titolo di “avvocato”, risulta evidente, secondo il CNF, l’intento decettivo dei due avvocati, uno dei quali iscritto all’albo ordinario solo diverso tempo dopo i fatti contestati. In particolare, «L’indicazione del titolo con un’unica v è funzionalmente volto a millantare il diritto che non compete, è volutamente confusorio e lo è ancor più inammissibilmente nei confronti di chi non sia in possesso degli strumenti (la conoscenza dell’ordinamento professionale) idoneo a decriptare il messaggio e la rilevante differenza fatta da una semplice v. Significativo il fatto – documentale - che entrambi gli incolpati, attuali ricorrenti, esibiscano il titolo di “abogado” per esteso nella loro carta intestata utilizzata per la corrispondenza con il COA e con i colleghi avvocati, avvalendosi altrove di diversa carta intestata dove il titolo è indicato nella sua erronea abbreviazione. L’intento confusorio e decettivo volto a millantare un titolo abilitativo non spettante ed una piena professionalità nei confronti di una “utenza” non particolarmente avveduta, è quindi di assoluta evidenza». Ed infatti, precisa ancora la sentenza, l’art. 7 d.lgs. n. 96/2001 prevede che l’avvocato stabilito «è tenuto a far uso del titolo professionale di origine indicato per intero [...] e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato».
In conclusione, il CNF conferma la sanzione disciplinare a carico di uno dei due avvocati mentre ridetermina quella a carico dell’altro ricorrente ritenendo erronea la valutazione di una maggiore responsabilità a suo carico in quanto amministratore della società coinvolta.