Praticante avvocato sospeso per aver agito oltre i propri limiti di competenza
Il Consiglio Nazionale Forense ha accolto solo parzialmente il ricorso proposto da una praticante avvocato, che aveva assunto in un ricorso tributario la difesa in difetto della necessaria abilitazione, rideterminando esclusivamente la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense da un anno a due mesi.
La praticante contestava, tra i vari motivi, la sanzione della sospensione, irrogata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina, eccependo davanti al CNF l’insussistenza dell’illecito disciplinare di cui all’art. 21 C.d.f. previgente (ora, art. 36 C.d.f.). Ella, infatti, non avendo utilizzato il titolo di “Avvocato”, ma essendosi qualificata come “Dott.ssa”, asseriva di non aver prestato la propria attività professionale in assenza di titolo, ma con un titolo insufficiente.
Il Consiglio Nazionale Forense, però, ha ritenuto di dover dar seguito all’orientamento secondo cui «contravviene al divieto di cui all’art. 21 C.d.f. (ora, 36 C.d.f.) - Divieto di attività professionale senza titolo o di uso di titoli inesistenti - il praticante avvocato che agisca in giudizio al di là delle competenze per materia e valore consentitegli dalla Legge» (CNF, n. 90/2015).
Pertanto, non ha avuto rilevanza la circostanza che la praticante si fosse qualificata come “Dott.ssa”, assumendo invece autonomo disvalore «il comportamento dell’iscritto che abbia assunto la difesa del contribuente innanzi alla Commissione Tributaria, pur non essendo in possesso della necessaria abilitazione per l’esercizio dell’attività difensiva».