Previdenza forense

I contributi dell’avvocato non deducibili dal reddito

Redazione

Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 32258/18, depositata il 13 dicembre.

La vicenda. Un avvocato con il ricorso proposto in Cassazione, avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale, riferiva che a seguito della rettifica della dichiarazione dei redditi (art. 36-ter d.P.R. n. 600/1973), relativa all’anno di imposta 2012, gli era notificata una cartella esattoriale, con cui si chiedeva il pagamento di una ingente somma di denaro a titolo di IRPEF. In particolare, la rettifica riguardava la tassazione degli oneri deducibili dal reddito complessivo del professionista, relativi ai contributi (previdenziali e assistenziali) obbligatori da lui versati alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense.
L’avvocato deduce con i motivi di ricorso: l’inesistenza della notifica della cartella di pagamento; la nullità dell’atto impugnato per carenza di motivazione; l’infondatezza della pretesa creditoria.

Omessa pronuncia sull’inesistenza della notifica della cartella. Come già più volte affermato dal Supremo Collegio, ad integrare gli estremi del vizio di mancata pronuncia non basta l’omissione di una statuizione espressa del giudice, ma occorre che sia stato omesso completamente il provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto. Ebbene, nel caso in esame, la decisione del giudice d’appello decide sulla controversia, accogliendo l’impugnazione con argomentazioni che implicano una statuizione implicita di rigetto delle stesse.

La deducibilità dei contributi. Sul punto, il ricorrente, considerando erronea la decisione impugnata con cui il giudice regionale negava la deducibilità dei contributi versati obbligatoriamente, infrange quanto disposto dall’art. 50 TUIR, secondo cui dal compenso del libero professionista sono esclusi i contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde. Pertanto, l’importo del 4% del fatturato riportato nella parcella è giusto che sia a carico del cliente e non fa parte delle componenti del compenso, nulla dunque va dedotto.
Per giunta il caso in esame non è configurabile come l’ipotesi di versamenti eseguiti dal professionista senza che il costo sia ribaltato sul cliente.
Per le ragioni sopra esposte, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

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