Professione forense

L’avvocatura italiana secondo il IV Rapporto Censis

Redazione
processo e pc

Nuova era per l’Avvocatura. Il Grand Hotel Plaza di Roma è stato teatro della presentazione del IV Rapporto Censis sull’Avvocatura Italiana che, come illustrato da Giorgio De Rita, Segretario Generale, mostra un nuovo volto della professione legale «marcatamente più ottimista del passato: quasi il 30% degli avvocati ha dichiarato un fatturato in crescita nel 2018 rispetto all’anno precedente. Per il 34,8% è rimasto invariato, mentre il 35,6% ha subito un ridimensionamento. Tra le donne percentuale in sofferenza scende al 34,1%, contro il 36,7% degli uomini. Tra le professioniste la condizione di stabilità o di miglioramento riguarda il 65,9%. Il fatturato è salito soprattutto per gli avvocati che esercitano da meno tempo o che sono più giovani d’età: il 42,5% degli under 40 anni ha dichiarato un incremento nel 2018, mentre tra i più anziani la quota scende sotto il 20%».
Guardando al futuro, il 31% degli avvocati prevede un miglioramento dell’attività nei prossimi due anni, mentre il 42,1% è più prudente, prevedendo stabilità. «Tra le donne il 32,7% prevede un miglioramento, contro il 29,7% degli uomini. I più ottimisti sono i più giovani, sia in termini di anzianità professionale (il 50,4% degli avvocati con meno di dieci anni di attività vede rosa), sia in termini di età anagrafica (il 49,9% degli under 40 anni è fiducioso)».

Tecnologie digitali. Il Rapporto Censis mostra come, in tema di tecnologie digitali, «il 62,6% degli avvocati non trova realistico uno scenario di progressiva sostituzione delle funzioni oggi esercitate dai professionisti da parte di algoritmi e piattaforme, e guarda invece alle opportunità che possono venire dalle tecnologie digitali». Scetticismo invece si registra quanto al rapporto con l’Europa: «il 32,1% crede che non sia stato creato uno spazio di collaborazione tra i diversi sistemi giuridici nazionali guidato dalle istituzioni europee, mentre il 27,3% insiste sulla necessità di rafforzare la condivisione degli interessi degli avvocati come elemento di spinta al processo di integrazione europea».

La percezione del Sistema Giustizia per gli italiani. Il Rapporto si è mosso lungo due strade parallele: l’indagine infatti si è rivolta agli avvocati ma anche ad un campione rappresentativo della popolazione italiana. «Non solo Avvocatura quindi: il Rapporto 2019 ha indagato la percezione della popolazione italiana riguardo al tema, dimostratosi molto sensibile, della Giustizia. Giustizia che si colloca al primo posto tra le cause che, secondo gli italiani, stanno alla base del fenomeno del rancore in Italia. Tutto questo perché essa favorirebbe ricchi, privilegiati e spregiudicati: lo pensa il 25%. Seguono la crescente disuguaglianza nei redditi e nelle opportunità di lavoro (23,7%), una burocrazia inefficiente e costosa (18,4%), l’ingresso incontrollato di stranieri all’interno dei confini nazionali (15,5%)». Tra i nuovi reati, e quelli per cui è stato decretato un inasprimento delle pene, gli italiani «assegnano il maggiore livello di pericolosità sociale al traffico di organi prelevati da persona vivente (39,9%), all’inquinamento ambientale e al disastro ambientale (35,3%), all’omicidio stradale (33,7%). Il nostro sistema di giustizia è troppo benevolo nei confronti di politici e amministratori corrotti: lo pensa l’82% degli italiani. Si chiede una maggiore severità nei confronti di stupratori e pedofili (78,4%), ladri di appartamento e rapinatori (76,4%), molestatori (76,4%) e responsabili di reati ambientali (76,1%). Superano di poco il 30% gli italiani che ritengono giusto il trattamento riservato a chi commette reati, nel caso di appartenenti alle organizzazioni criminali e i sequestratori (30,8%), i terroristi (30,6%), i diffamatori attraverso i media (30,0%). Al contrario, il 40,9% giudica troppo punitivo il trattamento nei confronti di chi eccede nella legittima difesa. Il 16,4% considera severo il trattamento nei riguardi degli immigrati irregolari».

In conclusione. «Abbiamo ‘annusato l’aria’», ha affermato De Rita: «il clima cupo emerso dal primo Rapporto sull’Avvocatura presentato a Rimini ormai più di quattro anni fa è superato, finalmente in miglioramento». Restano comunque alcuni temi su cui riflettere: «L’Avvocatura, ma più in generale tutte le libere professioni, devono innovarsi, anzi, hanno questa responsabilità di fronte alla società. Innovazione non vuol dire in questo caso soltanto utilizzo maggiore e migliore di strumenti informatici, ma un cambiamento, un prendere una nuova posizione nel tessuto della società civile del nostro Paese».

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