Deontologia forense

Avvocato e Navigator: due attività compatibili? La parola al CNF

Redazione
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Con parere n. 1/20, il CNF ha risposto ai quesiti sottoposti dai COA di Asti, Massa Carrara e Palermo concernenti la compatibilità tra lo svolgimento dell’attività di Navigator, quale nuova figura prevista dalla legge nell’ambito della disciplina del Reddito di Cittadinanza (d.l. n. 4/2019, convertito con modificazioni dalla l. n. 26/2019), e l’esercizio della professione forense.

Soffermatosi dapprima sull’attività che i Navigator sono chiamati a svolgere e sul tipo di contratto che gli stessi devono sottoscrivere, quale quello di collaborazione coordinata e continuativa che, ai sensi dell’art. 409, comma 1, n. 3 c.p.c., costituisce una «prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa», il CNF afferma che si tratta di una forma, sia pure peculiare, di lavoro autonomo.
A tal proposito, il Consiglio ha dunque verificato se tale attività rientri o meno nell’ipotesi di incompatibilità prevista dall’art. 18, comma 1, lettera a), l. n. 247/2012 secondo cui «La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale…».

Ebbene, da una prima verifica condotta sulla continuatività o meno dell’attività di lavoro autonomo svolta dai Navigator, da alcuni elementi fattuali e giuridici caratterizzanti la fattispecie in esame, ne è derivato che tale requisito risulta insussistente, con conseguente compatibilità con l’esercizio della professione forense, e ciò anche alla luce del consolidato principio secondo cui «le cause di incompatibilità professionale costituiscono numero chiuso e le relative situazioni devono essere interpretate in senso restrittivo».
Esclusa la sussistenza della continuità, il CNF ha poi verificato l’eventuale ricorrenza dell’altro requisito previsto dall’art. 18, comma 1, lettera a), l. n. 247/2012 ossia il carattere professionale dell’attività e, in merito a tale aspetto, è stato richiamato quanto affermato in precedenza con il parere n. 23/13, ossia che «l’attività di amministratore di condominio è stata giudicata compatibile con l’esercizio della professione forense», con la precisazione che, «…va detto, anzitutto, che nemmeno la citata l. n. 220/2012 ha innovato la figura dell’amministratore perché se ne ha ampliato, sotto certi profili, poteri e responsabilità, non ha trasformato l’esercizio della relativa attività in professione vera e propria, o quanto meno in professione regolamentata, come è confermato dal fatto che non è stato istituito né un albo, né uno specifico registro degli amministratori di condominio, mentre il fatto che essi debbano seguire corsi di aggiornamento (art. 25 nella parte in cui inserisce l’art. 71-bis delle disp. att. c.c.) non sembra sufficiente a configurare l’esistenza di una vera e propria professione…».

Pertanto, sulla base delle osservazioni fornite, il Consiglio Nazionale Forense, che già si era espresso nel senso di «ritenere professionale l’attività di lavoro autonomo quando essa sia ascrivibile ad una professione vera e propria o quantomeno ad una professione regolamentata con conseguente necessità di iscrizione in un albo o in uno specifico registro», afferma che l’attività del Navigator non rappresenta una professione e, dunque, va ritenuta compatibile con l’esercizio della professione forense.

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