Appropriazione di un assegno del cliente: da quando inizia a prescriversi l’azione disciplinare a carico dell’avvocato?
L'avvocato il quale si appropri dell'importo dell'assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell'esito del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuità della violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione del cliente delle somme di sua spettanza, sicché, ove tale comportamento persista fino alla decisione del Consiglio dell'ordine, non decorre la prescrizione di cui all'art. 51 del R.d.l. n. 1578/1933.
Il caso. Il Consiglio dell’ordine degli avvocati infliggeva ad un avvocato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale perché si era appropriato di una somma di denaro destinata al proprio cliente e perché non aveva informato lo stesso circa la definizione del giudizio. Il CNF respingeva il ricorso dell’incolpato.
L’avvocato ha proposto ricorso per cassazione, con il quale lamenta il fatto che la sentenza impugnata non abbia riconosciuto l’intervenuta prescrizione quinquennale dell’azione disciplinare, nonostante la stessa sia stata avviata dopo oltre cinque anni. Ad avviso del ricorrente, la condotta contestata avrebbe natura appropriativa, consistendo nel trafugamento di somme destinate al proprio assistito mediante l'apposizione della firma apocrifa del cliente e a sua insaputa, e avrebbe quindi natura istantanea.
Prescrizione azione disciplinare a carico dell’avvocato. Il Collegio ricorda come ai sensi dell'art. 51 del R.d.l. n. 1578/1933, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, definibile in termini penalistici permanente o continuata, dalla data di cessazione della condotta stessa.
Condotta del professionista. Alla luce di tale disposizione, i Giudici hanno ritenuto, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, che la condotta del professionista, nel caso in esame, presenta i connotati tipici della continuità della violazione deontologica, per tale sua natura destinata a protrarsi fino alla restituzione delle somme che il medesimo avrebbe dovuto mettere a disposizione del cliente (cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 13379/2016). La condotta appropriativa posta in essere dall’avvocato, infatti, non si è esaurita nell’incasso dell’assegno destinato al proprio cliente, ma si è accompagnata ad una mancata messa a disposizione delle somme riscosse, realizzata attraverso l’omessa informazione circa la definizione del processo.
Correttamente, quindi, a parere del Collegio, la sentenza impugnata ha escluso il carattere istantaneo della condotta addebitata al professionista e rigettato l’eccezione di prescrizione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.