Deontologia forense

Sospeso l'avvocato che, in qualità di difensore, agisce in conflitto di interesse

Redazione

La vicenda. Il Consiglio Distrettuale di Disciplina di Bologna sospendeva l’avvocato dall’esercizio dell’attività professionale per 2 mesi, per aver violato l’art. 46 del Codice Deontologico previgente (l’attuale art. 34), avendo egli intrapreso in precedenza una procedura di pignoramento presso terzi a carico del proprio assistito, avviandola senza rinunciare previamente al mandato difensivo per recuperare il compenso lavorativo.
Avverso tale provvedimento, l’avvocato propone ricorso dinanzi al CNF, ribadendo, in particolare, l’esistenza della rinuncia al mandato, la circostanza che il deposito delle scritture conclusionali veniva effettuato per non pregiudicare l’assistito e contestando la mancata valutazione dell’attività di garante che era stata assunta dal co-difensore.

La rinuncia al mandato. Nell’esaminare il motivo inerente alla sussistenza della rinuncia al mandato, il Consiglio osserva come, nonostante non siano richieste formule sacramentali per la comunicazione di tale notizia all’assistito, questa comunque debba esprimersi in modo univoco e senza alcuna ambiguità, stante la sua natura recettizia ai fini della validità, condizione non riscontrata nel caso concreto.

Il deposito di difese a seguito della rinuncia. Circa il secondo punto sottolineato dal ricorrente, a proposito delle scritture conclusionali depositate dopo l’asserita rinuncia al mandato per non creare danni all’assistito, il Consiglio ritiene che ciò non risulti necessario, poiché l’art. 85 c.p.c. prevede che la rinuncia al mandato non produca effetto nei confronti solo dell’altra parte fino al momento della sostituzione del precedente avvocato, ma non nei confronti del patrocinato, permanendo gli obblighi informativi e di notificazione all’(ex) assistito ma non quelli di deposito.

La funzione di garanzia del codifensore. Riguardo all’ultimo punto evidenziato, il Consiglio precisa che il rapporto tra difensore e assistito debba sempre essere basato sulla fiducia, dovendo evitare qualsiasi situazione che possa creare un conflitto di interessi (anche potenziale) con il cliente, e ciò anche quando vi siano altri colleghi associati all’avvocato nella difesa, non sussistendo alcuna funzione di controllo/garanzia che un difensore deve svolgere nei confronti dell’altro.

Dunque, a causa delle circostanze che hanno visto l’avvocato comparire nei registri giudiziari come creditore esecutante per un importo rilevante (euro 74000) e allo stesso tempo difensore dello stesso soggetto, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso.

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