Il Consiglio Nazionale Forense, alla luce dell’errore materiale contenuto nel principio in tema di notifica telematica e pubblici registri espresso dalla Cassazione civile con la sentenza n. 3709/2019, con una lettera datata 5 marzo 2019, ha domandato al Primo Presidente della Corte di intervenire ponendo rimedio a quanto accaduto.
Di quale errore materiale si tratta? Il provvedimento in esame ha stabilito che l’indirizzo risultante dal ReGindE sarebbe l’unico valido ai fini delle notifiche telematiche a mezzo PEC. Tale pronuncia ha generato confusione tra i professionisti perché ha negato valore di domicilio digitale a tutti gli altri indirizzi contenuti in pubblici registri diversi dal ReGindE. Questo comporterebbe che sarebbe nulla una notifica telematica in proprio effettuata ad un indirizzo PEC differente da quello risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici.
Ecco cosa ha detto il CNF. Alla luce delle immediate ripercussioni negative che la pronuncia potrebbe determinare sul tema della notifica telematica, il Consiglio, rivolgendosi al Primo Presidente della Suprema Corte, ha auspicato un intervento idoneo a rimediare quanto accaduto, rendendosi anche disponibile ad assumere le necessarie iniziative.
Intervenuto anche il Centro Studi Processo Telematico. Ha fatto sentire la sua voce anche il Centro Studi Processo Telematico, il quale ha osservato che «l’errato principio di diritto espresso dalla Suprema Corte di Cassazione e la conseguente acritica applicazione nei giudizi di merito sono destinati ad avere gravi ripercussioni sulla possibilità di effettuare notificazioni in modalità telematica e, soprattutto, su innumerevoli notificazioni già effettuate dagli avvocati utilizzando l’elenco in discorso».
Anche il Centro Studi, dunque, in linea con il CNF, ha auspicato un intervento del primo Presidente della Cassazione che consenta di superare un’interpretazione che si presenta in aperto contrasto con il d.l. n. 179 del 2012.