Professione forense

Equo compenso: la delibera del COA di Roma

Redazione

La delibera consiliare del 28 febbraio scorso, approvata all’unanimità del COA di Roma, si basa sulla constatazione che «con sempre maggiore frequenza sono proposti agli Avvocati dai c.d. grandi committenti, pubblici e privati, accordi professionali contenenti clausole vessatorie, contrarie alla doverosa proporzione che deve sussistere tra il compenso e la quantità e la qualità delle prestazioni professionali e, comunque, in contrasto con i parametri ministeriali per la determinazione dei compensi di cui al d.m. 10 marzo 2014 n. 55 e s.m.i.». Si tratta di clausole che si pongono in evidente contrasto con l’art. 13-bis della legge di riforma Professionale n. 247/2012 e che sfruttano lo posizione di soggezione e debolezza in cui si trovano sempre più spesso gli avvocati di fronte ai grandi committenti.

Obblighi deontologici. L’Ordine ha dunque avvertito la necessità di stigmatizzare l’illegittima imposizione di tali clausole contrattuali e di ricordare agli Avvocati la portata deontologica degli obblighi in tema di pattuizione dei compensi.
Infatti l’art. 13-bis l. 247/2012 impone il riconoscimento in favore degli Avvocati di un compenso equo e proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione e (almeno) conformi ai parametri ministeriali; mentre l’art. 19-quaterdecies, comma 3, d.l. n. 172/2017 estende la disciplina dell’art. 13-bis cit. anche alle PP. AA..
Il Consiglio invita quindi formalmente «gli enti pubblici, gli istituti bancari, le assicurazioni e tutte le società private di rilevanti dimensioni e ogni altro soggetto destinatario delle disposizioni in materia di equo compenso, nonché l’ANIA e l’ABI con riguardo alle imprese associate a:
i) astenersi dal proporre e stipulare con gli Avvocati convenzioni o accordi professionali che violino o eludano le disposizioni dettate dal legislatore in materia di equo compenso;
ii) garantire agli Avvocati un compenso che sia proporzionato alla quantità e qualità delle prestazioni professionali, al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione legale ed, in ogni caso, sia commisurato almeno ai parametri fissati del regolamento ministeriale adottato ai sensi dell’art. 13, comma 6, l. n. 247/2012, astenendosi dal proporre e, comunque, stipulare clausole vessatorie ai sensi dell’art. 13-bis, commi 6 e 8, l. n. 247/2012 e riconoscendo sempre agli Avvocati il doveroso rimborso delle spese generali nella misura prevista da citato decreto ministeriale».
Gli Avvocati vengono invece invitati ad «osservare nei rapporti professionali con gli assistiti ai quali si applichi la disciplina sull’equo compenso il pieno rispetto dei richiamati principi in tema di diritto all’equo compenso, la conformità dei compensi proposti e pattuiti con i parametri ministeriali per garantire il decoro e la dignità professionale» ricordando che «la violazione della normativa sull’equo compenso è sanzionata con la nullità delle pattuizioni difformi e può assumere rilevanza di illecito deontologico».

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