Deontologia forense

Sospeso l’avvocato che ottenga con l’inganno un prestito ingente dal cliente

Redazione

Una volta ricevuto dal COA di Bergamo un esposto proveniente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale vertente sull’esercizio dell’azione penale nei confronti dell’avvocato iscritto al relativo Albo (nonché attuale ricorrente) per il reato di truffa aggravata, il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense deliberava l’avvio di una fase istruttoria a suo carico.
La condotta contestata consisteva nell’avere l’avvocato utilizzato artifizi e raggiri al fine di indurre la cliente ad erogargli una grossa somma di denaro. Nello specifico, il professionista aveva prospettato alla cliente una falsa patologia tumorale maligna agli occhi che richiedeva un urgente intervento chirurgico, non coperto da convenzione del S.S.N., presso una clinica privata, inducendo così la cliente, durante una consulenza su interventi finanziari, a prestargli una somma complessiva di euro 60000.
Nonostante il processo penale a carico del ricorrente si fosse concluso con l’estinzione del reato per remissione di querela, il CDD deliberava comunque l’apertura di un procedimento disciplinare a suo carico, terminato con l’irrogazione della sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per 4 mesi.

 

L’avvocato impugna la suddetta decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, lamentando, tra i diversi motivi, la sproporzionalità della sanzione comminatagli.
Il Collegio, invece, ritiene del tutto coerente la sanzione con la violazione acclarata, anche a causa della gravità dell’utilizzo di raggiri e artifici finalizzati al conseguimento dell’indebito profitto. Tali raggiri, infatti, hanno inciso sullo stato emozionale della vittima tanto da comprimere la sua libertà di determinazione e approfittando, tra l’altro, della conoscenza solo occasionale in sede di una consulenza prestata in precedenza.
Il CNF rileva, peraltro, che la condotta del ricorrente è aggravata dalla falsità delle sue affermazioni circa l’esistenza di una grave patologia da cui sarebbe stato affetto.
Per il Consiglio, dunque, il comportamento dell’avvocato costituisce un illecito deontologico grave, in quanto contrario ai principi basilari di etica professionale.
Anche per questo motivo, il CNF rigetta il ricorso.

Fonte: Diritto e Giustizia

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