La vicenda. La Corte d’Appello di Salerno ha rigettato l’appello di Cassa Forense avverso la sentenza di prime cure che accoglieva l’opposizione di un avvocato ad una cartella con cui la Cassa chiedeva le differenze contributive relative ad alcuni anni.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione l’ente previdenziale.
Prescrizione. Il ricorso lamenta in primo luogo vizio di ultrapetizione per essersi la Corte d’Appello pronunciata sulla permanenza dell’obbligo contributivo per un solo anno, rigettando nel merito la pretesa per intervenuta prescrizione.
La censura risulta infondata in quanto, come ricorda la Corte, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione è sottratto alla disponibilità delle parti ai sensi dell’art. 3, comma 9, l. n. 335/1995 ed anche per la contribuzioni relative a periodi precedenti all’entrata in vigore della legge stessa. Logico corollario è che la prescrizione ha efficacia estintiva, e non preclusiva, posto che l’ente creditore non può rinunciarvi, efficacia che opera di diritto ed è rilevabile d’ufficio.
Nel caso di specie, avendo devoluto in appello la questione relativa alla persistenza dell’obbligo contributivo, non può dirsi violato il principio devolutivo laddove il giudice accerta l’avvenuta prescirzione.
Domanda di condono previdenziale. Con ulteriore motivo di ricorso, Cassa Forense si duole per aversi visto negare l’idoneità della domanda di condono previdenziale avanzata dall’avvocato quale atto interruttivo della prescrizione.
La S.C. ricorda che, in materia di possibili effetti ricognitivi del debito derivanti dalla presentazione della domanda di condono previdenziale, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che tale domanda non si caratterizza come atto di riconoscimento del debito in quanto ma, «venendo ad innescarsi una procedura di recupero dei contributi, si tratta soltanto di una “procedura già iniziata” che rende applicabile, se ricadente nel discrimine temporale del 31 dicembre 1995, il previgente termine decennale di prescrizione». Inoltre, ricorda la Corte, il riconoscimento del diritto idoneo ad interrompere il corso della prescrizione non deve necessariamente essere un atto negoziale, cioè una dichiarazione di volontà espressamente diretta a tal fine, ma può essere anche tacito e concretizzarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. Si tratta, in entrambi i casi, di elementi la cui indagine e apprezzamento sono riservati al giudice di merito e non sindacabili in Cassazione.
In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.