Deontologia forense

La sentenza di assoluzione per prescrizione del reato non impone il proscioglimento in sede disciplinare

Redazione

Il caso. Nell’ambito di un procedimento disciplinare, instaurato dal COA di Lecce nei confronti dell’avvocato condannato in sede penale per estorsione, il Consiglio Nazionale Forense è stato chiamato a decidere sul ricorso proposto dallo stesso avvocato che, a seguito della decisione della Suprema Corte di cassare senza rinvio la sentenza di condanna della Corte d’Appello, chiede la revoca della sanzione della censura e, in subordina, la sostituzione della stessa con quella dell’avvertimento.

Efficacia della sentenza penale di condanna in sede disciplinare. Posto che, in sede disciplinare, la sentenza penale di condanna ha efficacia di cosa giudicata ai sensi dell’art. 653 c.p.p. quanto alla materiale sussistenza dei fatti, alla loro illiceità penale ed alla affermazione della loro commissione da parte dell’imputato, il CNF rileva che, nel caso di specie, la Cassazione ha cassato la sentenza di condanna per violazione del diritto di difesa, in quanto il Tribunale non aveva provveduto a sentire l’imputato e neppure il teste a discarico, i quali non si erano presentati in udienza chiedendo un rinvio per legittimo impedimento. Tale definizione non è equiparabile però ad una sentenza di assoluzione, né di assoluzione piena perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, ma solo di prescrizione del reato.
Pertanto, la ricostruzione operata dal Consiglio territoriale in base alle prove raccolte nel giudizio penale risultano condivisibili dal CNF, che considera la condotta contestata all’avvocato in contrasto con i doveri sanciti all’art. 9 del cod. deon. e, pertanto, rigetta il ricorso, confermando la responsabilità disciplinare del ricorrente e, per effetto, la sanzione della censura.

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