Deontologia forense

Strepitus fori: il clamore mediatico suscitato dal caso deve essere attuale

Redazione

Il CDD di Roma disponeva nei confronti dell’avvocato la sospensione cautelare dall’esercizio dell’attività professionale per un anno, sussistendone i presupposti per via dell’intervenuta sentenza del Tribunale penale di Roma di condanna non irrevocabile ad un anno di reclusione per il reato di truffa e per la sussistenza dello strepitus fori.
L’avvocato impugna tale decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, lamentando, tra i diversi motivi, l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare inflitta, a causa, tra l’altro, della mancanza di attualità dello strepitus fori.

I presupposti per l’applicazione della misura cautelare. Il CNF ritiene fondato il motivo che fa riferimento all’assenza di attualità dello strepitus fori, osservando come la sospensione cautelare disposta nei confronti del ricorrente derivasse anche dal clamore mediatico che la vicenda aveva suscitato. A tal proposito, il Consiglio rileva che mentre il reato di truffa è uno tra i presupposti previsti dall’art. 60, comma 1, l. n. 247/2012 e dall’art. 32, comma 1, lett. d) del regolamento CNF n. 2/2014 ai fini dell’applicazione della misura cautelare citata, lo strepitus fori non è invece menzionato. Tuttavia, in base a un’interpretazione sistematica, storica e teleologica deve ritenersi che tale elemento costituisca presupposto della nuova sospensione cautelare, che in ogni caso non consegue automaticamente al verificarsi delle fattispecie tassative di sua ammissibilità, bensì è rimessa al potere-dovere del CDD la valutazione in concreto dell’eventuale clamore derivante dalle imputazioni penali in una dimensione oggettiva e non solo professionale.
Una volta chiarito ciò, il CNF evidenzia che gli eventi mediatici alla base dello strepitus fori, la cui sussistenza ha contribuito all’emanazione della misura cautelare, risalgono a circa tre anni prima rispetto alla decisione del Tribunale, mancando, dunque, l’attualità e l’immediatezza che caratterizzano tale elemento, senza tralasciare che i fatti relativi alla truffa risalivano a circa otto anni prima rispetto alla stessa pronuncia.
Dunque, tenendo conto dal punto di vista temporale dell’epoca in cui si sono svolti i fatti e del momento in cui è stata emessa la sentenza penale, può dirsi mancante il requisito dell’attualità dell’allarme sociale legittimante la misura della sospensione.
Il provvedimento impugnato va, quindi, annullato.