Deontologia forense

L’avvocato non può eludere il procedimento disciplinare chiedendo la cancellazione dall’Albo

Redazione

Questo il contenuto della sentenza del CNF n. 119/20, depositata il 15 luglio.

 

L’avvocato ricorrente chiedeva al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania la cancellazione dall’Albo degli avvocati. Pochi giorni dopo, la stampa locale riportava la notizia che l’avvocato aveva ricevuto un avviso di conclusione di indagini per via di un procedimento che lo vedeva indagato in concorso per il reato di bancarotta.
Per questo, il COA di Catania negava la richiesta di cancellazione dall’Albo «a ciò ostando la pendenza di un procedimento disciplinare».
Contro la delibera del COA, l’avvocato propone impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo l’annullamento del provvedimento e la cancellazione dall’Albo, con la contestuale dichiarazione del suo diritto a non essere sottoposto ad alcun procedimento disciplinare.

 

In particolare, il ricorrente sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 16, dell’art. 50 e dell’art. 57, l. n. 247/2012, poiché norme limitative della libertà personale e della dignità umana, evidenziando come la cancellazione volontaria dall’Albo costituisse la massima sanzione irrogabile, dovendosi dunque ritenere soddisfatto qualsiasi altro interesse sotteso all’esercizio della potestà disciplinare.

 

Il CNF non accoglie i motivi di ricorso prospettati dall’avvocato, richiamando a tal fine la ratio del divieto di cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare.
Il Consiglio, infatti, rammenta che l’art. 57, l. n. 247/2012, dispone un divieto generale di pronunciare la cancellazione dall’Albo durante lo svolgimento del “procedimento” inteso in senso ampio, e a tale portata di certo non si sottrae la rinuncia all’iscrizione e quindi la richiesta di cancellazione dell’iscritto.
Tale principio, prosegue il CNF, tutela «non solo la credibilità dell’ordine professionale e l’immagine dell’avvocatura, potenzialmente compromesse o offuscate dalla condotta dell’iscritto sottoposta al giudizio dell’organo disciplinare, in tal caso con conseguente necessità di ripristinare il prestigio violato, ma anche la collettività. Tutele che sarebbero di fatto impedite qualora l’iscritto potesse eludere il procedimento disciplinare attraverso la richiesta della propria cancellazione dall’albo».
Allo stesso tempo, la stessa norma svolge una funzione di garanzia nei confronti del legale, vietando la cancellazione anche come possibile forma di autotutela cui il Consiglio dell’Ordine potrebbe ricorrere nel caso in cui egli sia stato destinatario di una contestazione disciplinare, compromettendone le facoltà difensive.

 

Infine, il CNF evidenzia che «il divieto di cancellazione non opera qualora vi sia la mancanza (originaria o sopravvenuta) dei requisiti previsti per ottenere e mantenere l’iscrizione all’albo, ma anche nei casi eccezionali, nei quali vengano in rilievo valori o interessi di primaria importanza dal punto di vista costituzionale quali il diritto al lavoro o il diritto alla tutela di concorrenti diritti fondamentali».
Non avendo riscontrato nel caso concreto i suddetti casi eccezionali, il Consiglio Nazionale Forense respinge il ricorso.

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