Deontologia forense

Imputabilità dell’avvocato: la suitas della condotta può valere una condanna

Redazione

Il caso. Il CNF è chiamato a decidere sul ricorso proposto dall’avvocato contro la delibera del COA che lo ha ritenuto colpevole della violazione degli artt. 6 e 14 del codice deontologico forense, per essersi dichiarato antistatario pur avendo raccolto dalla parte assistita istanza di ammissione al gratuito patrocinio.

Suitas. Nell’esaminare il ricorso con cui l’avvocato ha chiesto la declaratoria di non colpevolezza, il Consiglio Nazionale Forense ha l’occasione di ribadire che, ai fini dell’integrazione dell’illecito disciplinare, dal punto di vista soggettivo è sufficiente l’elemento psicologico della suità della condotta, ossia la volontà consapevole dell’atto che si compie, poiché ai fini dell’imputabilità dell’infrazione disciplinare non occorre la consapevolezza dell’illegittimità dell’azione, dolo generico e specifico, ma è sufficiente la volontarietà con la quale l’atto è stato compiuto.

Il potere-dovere del COA di esercitare l’azione disciplinare. Inoltre, afferma il Consiglio, in base alla previsione di cui all’art. 50, comma 4, l. n. 247/2012, il COA ha il potere-dovere di promuovere d’ufficio l’azione disciplinare e l’esercizio di tale potere non è condizionato dalla tipologia della fonte della notizia dell’illecito disciplinare, che può essere costituita anche dalla denuncia di persona non direttamente coinvolta nella situazione nel cui ambito l’illecito è stato posto in essere.
Nella fattispecie, il CNF accoglie in parte il reclamo rideterminando la sanzione disciplinare in quella dell’avvertimento.