Deontologia forense

Offerta vantaggiosa o accaparramento della clientela? Il CNF fa chiarezza sulla pubblicità in rete

Redazione
giustizia

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 23/2019, conferma la responsabilità disciplinare a carico dell’avvocato che, cercando di accaparrarsi la clientela, prometteva prestazioni professionali tramite internet a prezzi “particolarmente” vantaggiosi.

Il fatto. Il COA di Pescara affermava la responsabilità disciplinare a carico dell’avvocato per violazione del divieto di accaparramento della clientela, per aver promesso prestazioni professionali «senza anticipi, senza spese, senza rischi e, soprattutto, in tempi brevissimi» e di definizione «entro 240 giorni invece di attendere i soliti 4-5-6 anni!», prevedendo il pagamento del compenso legato al risultato ottenuto e senza alcun obbligo di corrispettivo in caso di mancato ottenimento del risultato.

L’omessa comunicazione al COA dell’apertura di un sito internet non è un illecito disciplinare. Proposto ricorso dall’avvocato, il Consiglio Nazionale Forense chiarisce anzitutto che il codice deontologico non prevede più come illeciti i comportamenti quali la previa mancata comunicazione al COA dell’apertura di un sito internet e l’uso di siti con domini non propri o non direttamente riconducibili all’avvocato.

Accaparramento della clientela. Tuttavia, secondo il Consiglio, deve confermarsi la responsabilità dall’avvocato in relazione alla contestata violazione del divieto di accaparramento della clientela. Costituisce, infatti, «illecito disciplinare l’informazione, diffusa anche attraverso siti internet, fondata sull’offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti e bassamente commerciali, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico». In particolare, afferma il CNF, ciò che costituisce illecito disciplinare non è lo svolgimento di pubblicità professionale, che è legittimo nel suo aspetto informativo e promozionale, ma le modalità e il contenuto di un messaggio caratterizzato dalle evidenti sottolineature del dato economico e della marcata natura commerciale dell’informativa.
Infine, conclude il Consiglio, «i principi in tema di pubblicità di cui alla l. n. 248/2006, pur consentendo al professionista di fornire specifiche informazioni sull’attività e i servizi professionali offerti, non legittimano una pubblicità indiscriminata avulsa dai dettami deontologici». La professione forense, infatti, in virtù della sua funzione sociale, impone, limitazioni connesse alla dignità ed al decoro, la cui verifica è dall’Ordinamento affidata al potere – dovere dell’ordine professionale.

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