Deontologia forense

Nuovo codice deontologico e canone penalistico del favor rei

Redazione

Così ha stabilito, tra le tante altre questioni chiarite, il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 145 del 22 novembre 2018.

Il fatto. Il COA di Busto Arsizio sospendeva un avvocato dell’attività professionale per due mesi ritenendolo responsabile di aver leso il decoro e la dignità della professione forense e per aver violato il dovere di adempimento previdenziale e fiscale assistendo una parte in una causa. Il legale, infatti, aveva ricevuto denaro dalla sua assistita a titolo di fondo spese senza rilasciare la fattura e inoltre aveva chiesto ulteriori versamenti successivi esclusivamente in contanti (spese che per l’assistita erano risultate inaspettate e non conosciute) in violazione ai doveri di lealtà, correttezza, decoro, dignità.
Avverso la decisione ha proposto ricorso l’avvocato lamentando il travisamento dei fatti e l’assenza di prove e di dettagliati riferimenti alle condotte contestate. Inoltre, egli ha lamentando la sproporzione tra condotte contestate e la sanzione irrogata, poiché a suo parere sarebbe stato sufficiente un avvertimento o una censura.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio ritiene infondato il ricorso, ritenendo meritevole di accogliento solo la richiesta relativa alla riduzione della sanzione.
Omessa indicazione della norma violata. Relativamente alla mancata indicazione della norma deontologica violata, viene messo in luce che, anche qualora essa manchi, non viene invalidato il procedimento disciplinare, poiché basta una chiara contestazione dei fatti addebitati.

Richiesto compenso maggiore. In relazione alla condotta tenuta dall’avvocato, consistente nel richiedere ulteriori versamenti successivi alla sua assistita, viene specificato che, ai sensi dell’art. 29 del nuovo codice deontologico forense, il legale non può richiedere un compenso maggior di quello precedentemente indicato al suo assistito, senza averne fatto espressa riserva.

Mancata emissione della fattura. Riguardo alla mancata emissione della fattura, il Consiglio ribadisce che il legale è obbligato ad emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, a pena della sanzione prevista dall’art. 16 ncdf (già art. 15 cod. prev.). Dunque, è irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione né dal codice deontologico né dalla legge statale (d.p.r. n. 633/1972).

La sanzione. Inoltre, la sentenza in analisi chiarisce che la sanzione disciplinare non è determinata sulla base di un mero calcolo matematico, ma è stabilita in relazione alla complessiva valutazione dei fatti, con riguardo anche ad una serie di elementi tra cui: la gravità dei comportamenti contestati, il grado della colpa o all’eventuale sussistenza del dolo, del comportamento dell’incolpato precedente e successivo al fatto, all’assenza di precedenti disciplinari, al pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita..ecc.
Inoltre, alle sanzioni disciplinari è esteso il canone penalistico del favor rei, e dunque la nuova disciplina del codice deontologico si applica anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore se sono più favorevoli all’incolpato. Seguendo questa logica, dunque, nei confronti del ricorrente andava applicata la sanzione della censura e non quella della sospensione, dunque viene accolto tale punto del ricorso.al ricorrente sarebbe stato opportuno applicare la pena.
Dunque, il Consiglio Nazionale Forense, accogliendo solo la contestazione relativa alla ingiusta irrogazione della sospensione dall’esercizio dell’attività forense, ridetermina la sanzione in quella della censura.