La condotta dell'avvocato tra attività professionale e vita privata
Con la sentenza n. 119/2021 il CNF ha confermato (seppur riducendola) la sanzione disciplinare di un avvocato per il mancato pagamento (avvenuto in ritardo) di una camera d'albergo prenotata per un cliente privo di documenti di identità. Ciò in quanto il professionista avrebbe violato l'art. 64 del Codice Deontologico, che prevede l'obbligo di «provvedere all'adempimento delle obbligazioni nei confronti dei terzi atteso che l'inadempimento delle obbligazioni estranee all'esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia dei terzi nella capacità dell'avvocato di assolvere ai propri doveri professionali».
Secondo l'art. 9, comma 2, dello stesso Codice citato, infatti, «anche al di fuori dell'attività professionale» l'avvocato «deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense». Sempre secondo l'art. 2 «le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati nella loro attività professionale, nei reciproci rapporti e in quelli con i terzi; si applicano anche ai comportamenti nella vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l'immagine della professione forense».
Ne consegue che l'avvocato deve tenere sempre una condotta rispettosa ed educata non solo nell'esercizio dell'attività professionale, ma anche nella vita privata.