Professione forense

Iscrizione dell’avvocato all’Albo: inutile invocare il silenzio assenso

Redazione
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Lo si legge nella sentenza della Suprema Corte n. 16740/19, depositata il 21 giugno.

Il caso. Un avvocato, iscritta all’Elenco speciale del COA di Forlì Cesena quale dipendente di un istituto bancario, vedeva rigettato il proprio ricorso presentato al CNF avverso la delibera del COA che rigettava la sua istanza di cancellazione dall’Elenco speciale e iscrizione all’Albo ordinario per aver cessato l’attività lavorativa di avvocato addetto all’ufficio legale della predetta società. Il CNF aveva infatti negato che sull’istanza si fosse formato il silenzio assenso, come invece invocato dalla ricorrente che ha dunque portato la questione dinanzi ai Giudici di Piazza Cavour.

Silenzio assenso? La norma invocata dalla ricorrente, art. 17, comma 7, l. n. 247/2012, prevede che «qualora il consiglio non abbia provveduto sulla domanda nel termine di 30 giorni dalla presentazione, l’interessato può entro 10 giorni dalla scadenza di tale termine presentare ricorso al CNF, che decide sul merito dell’iscrizione». Il ricorso si fonda dunque sull’erroneo presupposto di applicabilità dell’istituto del silenzio assenso (come disciplinato nel procedimento amministrativo dall’art. 20 l. n. 241/1990) al procedimento per l’iscrizione agli albi. Come ricordato, la legge dell’ordinamento della professione forense prevede espressamente la possibilità per l’interessato di adire il CNF laddove il consiglio, accertata la sussistenza dei requisiti e della condizioni di iscrizione, non vi provveda entro 30 giorni dalla domanda.
Con riguardo allo specifico caso del passaggio dall’Elenco speciale all’Albo ordinario, la Corte precisa che non è ravvisabile alcun automatismo come si evince dal comma 9, lett. d), art. 17 cit. che, nel caso di cessazione dell’appartenenza all’ufficio legale di un ente pubblico, fa riferimento ad «apposita richiesta» dell’avvocato interessato ai fini dell’iscrizione all’Albo ordinario. Non assume infine alcuna rilevanza in tal senso il fatto che la decisione di diniego di iscrizione all’Albo ordinario e di cancellazione dall’Elenco speciale sia intervenuta dopo oltre un mese dalla domanda, «laddove si consideri che la cancellazione dagli albi può avvenire anche d’ufficio quando venga meno uno dei requisiti prescritti».
Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna l’avvocato ricorrente al pagamento delle spese di giudizio oltre all’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, d.P.R. n. 115/2002.