Indennizzo INAIL e danno differenziale nella legge di Bilancio 2019: la norma non è retroattiva
Il caso. Gli eredi di un uomo deceduto per mesotelioma pleurico chiedono ed ottengono dalla Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di prime cure, il risarcimento dei danni non patrimoniali iure proprio e iure hereditatis. La Corte territoriale aveva infatti riconosciuto la legittimazione passiva del Consorzio di Trasporti pubblici presso cui l’uomo aveva lavorato, la nocività dell’ambiente di lavoro per l’esposizione all’inalazione di fibre di amianto e la sussistenza del nesso causale tra tale condizione di pericolo e l’evento morte. Per la quantificazione del danno non patrimoniale iure hereditatis aveva applicato le tabelle di Roma, personalizzando il danno nella misura del 50% , e riparametrando l’importo ad un dodicesimo, pari al mese di sopravvivenza dell’uomo tra diagnosi della patologia infausta e decesso. La società ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a tre motivi. Con i primi due motivi denuncia la mancata contestazione dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva, i criteri di liquidazione utilizzati dalla Corte territoriale e la mancata utilizzazione delle tabelle milanesi per la liquidazione del danno iure proprio.
Necessarie precisazioni. In particolare, con il terzo motivo, si lamenta la mancata detrazione dal danno biologico liquidato iure hereditatis la rendita corrisposta dall’INAIL alla vedova del de cuius. La Suprema Corte ritiene necessario fare alcune precisazioni in ragione dello ius superveniens ex l. n. 145/2018 che all’art. 1, comma 1126, ha modificato gli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 1124/1965 ed inciso sui criteri di calcolo del danno differenziale, modificando le voci da considerare nella determinazione del quantum, imponendo «l’adozione di un criterio di scomputo “per sommatoria” o “integrale”, anziché “per poste”, con conseguente diritto di regresso dell’Istituto per “le somme a qualsiasi titolo pagate”».
Applicabilità della nuova disciplina?. La Suprema Corte ritiene che l’applicazione dell’art. 1, comma 1126, ai giudizi in corso comporterebbe una modifica degli effetti ricollegabili agli infortuni o alle malattie professionali verificatesi o denunciati prima dell’entrata in vigore della stessa, ponendosi quindi in violazione del divieto di retroattività ex art. 11 preleggi. Aggiunge poi che analizzando la novella normativa non vi sono «statuizioni espresse nel senso della retroattività, anzi sembrano esservi previsioni che depongono in senso contrario». Infine, tale tesi di non applicabilità appare alla Cassazione l’unica coerente con i principi desumibili dalla Costituzione e dalla Carta EDU.
Non è retroattiva. La Corte dichiara dunque che le modifiche introdotte dall’art. 1, comma 1126, della l. n. 145/2018 non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima dell’1. 1. 2019, data di entrata in vigore della legge finanziaria.