Deontologia forense

Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente

Redazione
avvocati

Il CNF, con sentenza n. 123/18, ha ribadito che il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata ed è soggetto al limite temporale di 2 anni dalla cessazione del rapporto professionale. Da tale vincolo deontologico, l’avvocato può essere sciolto solo dall’autorizzazione espressa dell’ex cliente.

Il caso. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, a conclusione del procedimento disciplinare svoltosi a carico dell’avvocato ricorrente, gli infliggeva la sanzione della censura per avere assunto la difesa del marito nella separazione personale dalla moglie, in violazione del divieto di assumere incarichi contro l’ex cliente. Tale divieto si riteneva violato sul presupposto che egli aveva accettato l’incarico di difendere il marito nel giudizio di separazione, pur avendo ricevuto in precedenza l’incarico, sia pure poi revocato, dalla moglie nella fase pre-contenziosa.
Avverso tale decisione l’avvocato interpone rituale e tempestivo ricorso e chiede l’annullamento della stessa ed il suo proscioglimento.

Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente. Durante l’analisi del ricorso interposto dal ricorrente, il Consiglio Nazionale Forense ha l’occasione di ribadire tre importanti principi di diritto.
Primo fra tutti è quello che scaturisce dall’art. 68 del Codice Deontologico Forense, secondo cui «il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente, prescinde dalla natura giudiziale o stragiudiziale dell’attività prestata a favore di quest’ultimo, giacché è sufficiente una prestazione professionale nella più ampia definizione di assistenza, così come è irrilevante il motivo per il quale la dismissione del mandato sia avvenuta, ossia per revoca o rinuncia».

L’autorizzazione espressa dell’ex cliente libera l’avvocato. Il medesimo precetto, prosegue il CNF, sussiste nei confronti dell’avvocato sempreché non sia decorso un ragionevole periodo di tempo, che l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza e che non vi sia la possibilità, per il professionista, di utilizzare notizie in precedenza acquisite.
Tuttavia, anche quando tali condizioni non ricorrono tutte nella fattispecie, il rigido tenore della norma può ritenersi superato se il soggetto autorizza espressamente il professionista a non tener conto del divieto, liberandolo così dal vincolo deontologico che la disposizione gli impone.

Limite temporale. Per per quanto concerne il limite temporale, il Consiglio ribadisce che l’avvocato non può e non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita, se non dopo il decorso di 2 anni dalla cessazione del rapporto professionale. E, anche dopo tale termine, egli deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già espletato.
Infine, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non è estraneo a quello espletato in precedenza, se si tratta di assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare, se ha assistito il minore in controversie familiari e poi uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa.
Nella fattispecie, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e conferma integralmente la decisione impugnata.

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