I criteri per la determinazione della sanzione disciplinare dell’avvocato
Due avvocati proponevano ricorso avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Salerno che aveva loro inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi, in quanto ritenuti responsabili di «aver proposto nei confronti della controparte, che pure si era resa disponibile a pagare con comunicazione raccomandata a/r, plurime azioni esecutive e di aver ricevuto, a seguito delle medesime, un doppio pagamento».
La doglianza è parzialmente fondata. I ricorrenti hanno sottolineato la correttezza sostanziale del loro operato, ma secondo il CNF «l’avvocato non deve aggravare con onerose e plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte senza ragioni evidenti che sostengano tali iniziative» (sentenza n. 73/2020, n. 236/2017, n. 217/2015).
Ne consegue l’evidente illecito disciplinare commesso dai suddetti professionisti sotto il «profilo soggettivo avendo gli stessi posto in essere una condotta intesa come volontà consapevole di quello che si compie pur potendola evitare».
Infatti, «l’evitabilità della condotta, pertanto, delinea la soglia minima della sua attribuibilità al soggetto, intesa come appartenenza della condotta al soggetto stesso, a nulla rilevando la ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causa di giustificazione o non punibilità» (CNF sentenza n. 202/2019 e Cass. n. 30868/2018).
E «la sanzione non è un mero frutto di un calcolo matematico ma risponde alla complessiva
valutazione dei fatti con riferimento alla gravità degli stessi, dalla presenza di dolo nonché della loro intensità» (CNF n. 112/2018 e n. 105/2018).