Deontologia forense

Deontologia forense: fino a che punto rileva la vita privata dell’avvocato?

Redazione
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La vicenda. Il COA di Roma infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di 6 mesi ad un avvocato che aveva omesso di contribuire al mantenimento dei tre figli mediante apposito assegno di mantenimento mensile (pari a euro 3900), così come stabilito in un precedente decreto emesso dal Tribunale dei minorenni di Roma, fino a subire il pignoramento immobiliare e mobiliare dei suoi beni a causa del mancato adempimento spontaneo. Ponendo in essere tali condotte, secondo il COA l’avvocato avrebbe violato diversi precetti contenuti nel codice deontologico, tra cui gli artt. 5 (doveri di probità, dignità e decoro), 6 (doveri di lealtà e correttezza) e 59 (obbligo di provvedere all’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi).

 

La rilevanza della vita privata del professionista. L’avvocato impugna la suddetta decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, contestando, tra i diversi motivi, le affermazioni del COA in relazione all’aver ritenuto le condotte contestate idonee a produrre riflessi sulla reputazione professionale del ricorrente e a compromettere l’immagine della classe forense.
Il CNF dichiara infondate le doglianze del ricorrente, osservando come le condotte a lui contestate siano rilevanti dal punto di vista disciplinare anche se non riguardano direttamente lo svolgimento della professione forense. Ciò perché il CNF ha sempre riconosciuto un disvalore deontologico nelle condotte tenute dagli avvocati nella loro vita privata, poiché, venendo meno la dignità, la probità e il decoro, ciò si riflette inevitabilmente sulla reputazione prima del singolo e poi dell’intera classe forense di cui fa parte.
Nel caso di specie, il ricorrente aveva interrotto la corresponsione degli assegni di mantenimento ai figli senza fornire alcuna giustificazione e senza nemmeno agire al fine della loro riduzione, accumulando un ingente debito fino a subire l’esecuzione forzata sui suoi beni. Tali condotte comportano un certo discredito personale e, di conseguenza, anche in merito all’intera classe professionale a cui l’avvocato appartiene.
Alla luce di quanto esposto, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e conferma la sanzione disciplinare inflitta dal COA.

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